L'effetto Zeigarnik: perché stai male se non finisci un'attività

Quante volte ti è capitato di lasciare qualcosa a metà e poi sentirti in colpa? Ecco cos'è l'effetto Zeigarnik.

Quante volte ti è capitato di lasciare qualcosa a metà e poi sentirti in colpa? Se la risposta è “spesso” e questa situazione ti è familiare, tranquillo, è un meccanismo normale, parliamo dell’effetto Zeigarnik.

L’effetto Zeigarnik è la tendenza che spinge il nostro cervello a ricordare meglio le cose incompiute rispetto a quelle portate a termine: quando un compito non è finito la nostra memoria lo fissa con maggiore facilità ed è incline a portarlo a termine il prima possibile, viceversa tende ad archiviare i compiti già conclusi e a dimenticarli.

Il fenomeno prende il nome dalla psicologa lituana Bluma Zeigarnik che nel 1927 pubblicò i suoi studi a riguardo: l’osservazione del fenomeno iniziò quasi casualmente nei ristoranti viennesi, dove Bluma notò che i camerieri erano bravissimi a ricordare le ordinazioni in corso dei vari tavoli, ma appena l’ordine veniva concluso dimenticavano tutto.

Incuriosita da questa particolarità decise di approfondire la questione e sottopose un campione di persone ad un test: dovevano svolgere una serie di problemi logici e matematici ma di tanto in tanto venivano interrotti, alla fine constatò che le persone in esame ricordavano i problemi nei quali avevano subito interruzioni ma non quelli che erano riusciti a portare a termine facilmente.

Questo meccanismo è sfruttato anche come potente tecnica narrativa con l’espediente del cliffhanger, ovvero il “finale sospeso”, usatissimo nelle serie tv per lasciare lo spettatore con la curiosità di scoprire come evolverà la storia.

Nella vita reale l’effetto Zeigarnik influenza particolarmente la sfera lavorativa con due risultati diametralmente opposti:

  1. Da un lato ha un effetto positivo perché ci spinge ad evitare la procrastinazione, ci motiva a raggiungere i nostri obiettivi e ci aiuta a rimanere focalizzati sul lavoro che stiamo svolgendo.
  2. Dall’altro può generare sentimenti di ansia e di insoddisfazione rispetto ai vari task che dobbiamo portare a termine e amplifica la sensazione di sopraffazione.

Una volta consapevoli di questo meccanismo attuato dalla nostra mente e conoscendone pregi e limiti, possiamo attuare una serie di stratagemmi per sfruttarlo a nostro favore, per esempio:

  • Suddividi il tuo lavoro in sotto-obiettivi: se il nostro cervello è più motivato a portare a termine compiti che sono già a buon punto dello sviluppo o che stanno per terminare è naturale che avere tanti piccoli obiettivi da raggiungere renderà l’esecuzione più spedita e funzionale.
  • Evita il multitasking: è meglio concentrare le energie su un obiettivo alla volta e portarlo a termine perché svolgere più task contemporaneamente potrebbe portare il pensiero sui compiti non conclusi e ridurre drasticamente la produttività.
  • Dividi la sfera privata da quella lavorativa: è normale che l’accumularsi di obiettivi non ancora raggiunti intasi i nostri pensieri, sia per quanto riguarda la vita privata che quella professionale, quindi è fondamentale riuscire a razionalizzare e tenere i due mondi separati per non lasciarsi influenzare dallo stress e dedicarsi con la giusta motivazione e concentrazione alle attività che si stanno svolgendo.


La prossima volta che ti sentirai sopraffatto dalla mole di lavoro che non hai terminato, prova a fermarti e ricordarti questi espedienti per gestire al meglio il sottile equilibrio tra produttività e ansia.